Adolescenti-Giovani - Società - Storie di vita
La parabola dei due fratelli tra storie e voci del carcere minorile
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«La parabola dell’uomo che aveva due figli mi appartiene da sempre. Me l’hanno consegnata fin da bambino tanti padri e tante madri incontrati nel cammino dell’esistenza. Mai avrei pensato di poter rileggere oggi questa “parabola delle parabole“, questo “vangelo nel vangelo”, attraverso gli occhi, i volti e le storie dei ragazzi incontrati nel carcere minorile Cesare Beccaria di Milano e nelle comunità di accoglienza Kayròs in cui abito. Quindici anni di vita sacerdotale intensi a fianco di quei ragazzi che l’opinione pubblica definisce “cattivi“, “bulli“, “giovani devianti” sono bastati a farmi comprendere come il viaggio del figlio minore della parabola non sia così separato da quello del figlio maggiore, e come sempre meno abbiano senso distinzioni tra figli “buoni” e figli “cattivi”.Siamo tutti figli perduti e ritrovati, tutti bisognosi di guarigione e di perdono, tutti in viaggio verso casa alla ricerca del Padre, il solo buono”.» (don Claudio Burgio)
«Bisogna tornare a “occuparsi” dei giovani più che a “preoccuparsi” di loro. Le nuove generazioni hanno bisogno di adulti che facciano gli adulti e che non coltivino, in modo irresponsabile, il mito dell’eterna giovinezza. Ma i ragazzi “difficili”, come i ragazzi più “normali” che vivono “all’ombra del campanile” e nei nostri stupendi oratori, hanno bisogno anche di amici, di fratelli maggiori con cui mettersi in dialogo. Il giovane della parabola non ha trovato questo fratello: per questa ragione, nonostante l’amore sconfinato del Padre, la parabola ci lascia un po’ di amaro in bocca. Vorrei rivolgermi non solo agli adulti, ma anche e in particolare ai giovani e riaffermare con forza che non possiamo dirci veramente cristiani se eludiamo la domanda di Dio: “Dov’è Abele, tuo fratello?”, se non ci apriamo a quell’atteggiamento che papa Francesco chiama “la cultura dell’incontro”». (dalla prefazione del card. Dionigi Tettamanzi)”