Quando ridono i santi

Viaggio semiserio nella gioia cristiana. L’umorismo, il buonumore, la capacità di ridere di se stessi sono requisiti fondamentali per trasmettere la “buona notizia”.

18 Gennaio 2019

«Scherza con i fanti ma lascia stare i santi». La frase è estratta dalla Tosca di Puccini, che la mette sulle labbra del sacrestano della chiesa di Santa Maria della Valle. È un ritornello ripetuto più di una volta in quell’opera. Forse i santi, nella sua immaginazione (e tante volte anche nella nostra), erano tipi seri, austeri, rigidi, tutti dediti alla preghiera e alla penitenza. Eppure è nota la loro gioia: persone amabili, inondate dalla grazia di Dio, ricolme del suo amore.

Nell’esortazione apostolica sulla santità dal titolo emblematico Gaudete et Exsultate, papa Francesco ha voluto sottolineare che una delle caratteristiche peculiari della santità è rappresentata dalla «gioia e il senso dell’umorismo». La santità non va d’accordo con uno spirito triste, acido, melanconico e senza speranza.

I santi sono capaci di ridere perché conoscono bene Dio e sanno che «ride colui che sta nei cieli» (Sal 2,4), facendosi beffe dei potenti e dell’idolatria. Per questo motivo, chi è incamminato verso la santità si assume sempre la responsabilità di fare i conti con un Dio che rischia continuamente di essere sostituito da qualcos’altro e, troppo spesso, dal proprio io.

Ci hanno ripetuto tante volte che «il riso abbonda sulla bocca degli sciocchi», quasi a ricordarci che la vita è una cosa troppo seria, troppo grave e problematica e solo l’incoscienza o la poca intelligenza possono trovare qualcosa di cui ridere nella vita. Tuttavia, noi siamo quasi attirati in modo naturale dalla gente allegra. Probabilmente perché la gioia è pur sempre segno della presenza di Dio: ecco perché è così attraente. La gioia di Dio è direttamente collegata alla gioia nascosta nel profondo del nostro cuore, come ricorda sant’Agostino: «O Dio, il nostro cuore è inquieto fino a quando non riposa in te». Questo grande vescovo intuì qualcosa di fondamentale per l’uomo: il nostro desiderio naturale di Dio, fonte di ogni gioia. Ci attraggono la gioia e l’allegria perché ci attrae Dio.

Un dottore della Legge stava osservando lo spettacolo della piazza del mercato formicolante di gente quando, all’improvviso, gli apparve il profeta Elia. Il dottore della Legge approfittò dell’occasione e chiese al profeta: «Illumina la mia ignoranza: c’è qualcuno di questi mercanti che entrerà nel futuro regno di Dio?». «Nessuno, proprio nessuno!» rispose il profeta scrollando il capo. In quel momento arrivarono sulla piazza del mercato due uomini, che si misero a fare giochi di abilità, scherzi e buffonate per attirare la gente. Intorno a loro si formò un cerchio di grandi e piccoli che si divertivano e battevano le mani ridendo. Il profeta Elia esclamò: «Questi certamente entreranno nel futuro regno di Dio!». Il dottore della Legge andò a parlare ai due pagliacci. «Che cosa vendete?» chiese. Risposero: «Anche se spesso il nostro cuore è triste, vogliamo vendere a tutti la gioia di vivere».

L’augurio è di poter trovare nelle pagine che seguono un motivo per sorridere e per vivere con gioia.

Alessio Albertini (Besana Brianza 1967), prete della diocesi di Milano dal 1992, è Assistente ecclesiastico nazionale del Centro Sportivo Italiano. Abbiamo già pubblicato con Alessio Albertini: In gol con Papa Francesco. Per una vita da vero fuoriclasse (In dialogo, pag. 144, Euro 14,00); Vivere da campione. Giovanni Paolo II parla allo sport (In dialogo, pag. 96, Euro 9,50).

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Intervista a don Alessio Albertini

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