Mercoledì santo

L'insostenibile bontà di Dio

16 Aprile 2025

Uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. (Mt 26,14-16)

Confrontarsi con la figura di Giuda non è semplice. Perché se da un lato lo sentiamo lontanissimo da noi e pensiamo – con una punta di presunzione – che al suo posto noi Gesù non lo avremmo mai consegnato a chi lo voleva uccidere, dall’altro vediamo rappresentati in Giuda i segni di tanti nostri tradimenti piccoli e grandi.

Gli evangelisti dicono che Gesù è stato consegnato. Nella notte del Getsèmani, al termine della sua preghiera, Gesù si esprimerà così: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato… ecco colui che mi tradisce». Da un lato l’uso del passivo mette al centro la figura del Padre: il Padre consegna suo figlio nelle mani degli uomini perché ne facciano quello che vogliono. Dall’altro è Giuda che consegna (tradire e consegnare hanno la medesima radice verbale). E a questo punto andiamo in confusione: Dio e Giuda sono sullo stesso piano? Compiono la medesima azione? Rimettiamo a posto le cose partendo dall’unico presupposto: Gesù offre la propria vita, si consegna liberamente. Significa che spoglia se stesso di ogni prerogativa divina, rinuncia a salvare se stesso per mettersi a disposizione del Padre e, contemporaneamente, nelle nostre mani. Sceglie una posizione molto scomoda, a metà strada tra il cielo e la terra: ostaggio di Dio e ostaggio degli uomini, rinunciando a qualsiasi vantaggio per se stesso. Ora, Dio fa di questo “ostaggio” un investimento di bene, sceglie di rinunciarvi, se ne priva per farne dono all’uomo. Giuda “monetizza” l’ostaggio per averne un tornaconto per sé. Salvo poi rendersi conto – troppo tardi – che Gesù, chiamandolo “amico” non aveva smesso per un attimo di tendere le braccia verso di lui, pronto ad accoglierlo anche dopo il tradimento.

La goccia che fa traboccare il cuore di Giuda: l’insostenibile bontà di Dio

Tutto comincia la sera di Betània, nella casa dell’amicizia e dell’eccesso dell’amore. Proprio lì, un vaso pieno di profumo (cfr. Mt 26,7) è la goccia che fa traboccare il cuore di Giuda. L’offerta di quel prezioso profumo è l’ultimo e definitivo segno di un amore che sceglie di seguire le orme del Maestro, con la sua stessa misura, quella di chi ha scelto di non avere misure, perché così è l’amore che si dona. Non c’è giustizia, non c’è criterio quando si tratta di amare. E questo a volte è insostenibile.

Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnarlo. (Mt 26,14-16)

Quasi sbattendo la porta Giuda esce di scena, per cambiare copione, per cercare un altro modo di vivere l’amore per Dio, la passione d’amore nei confronti di Gesù. È proprio da quel momento che Giuda cerca un’altra via. Non ne può più dell’eccesso dell’amore che ha visto, in Gesù e in chi, come Maria, cerca di diventare come lui, amando sino alla fine, oltre ogni misura, in un eccesso che interroga e che può diventare drammaticamente fastidioso. Giuda aveva già provato questo fastidio dell’anima che lentamente cresceva nel suo cuore: il Padre che fa festa per colui che è tornato, i poveri recuperati fuori da ogni recinto, la gratuità di gesti, di cura e di conversione dell’anima, senza neanche aspettare che vengano richiesti. Un fastidio sordo e profondo nasce nel cuore, verso Colui che è buono. Un’invidia nei confronti della bontà di Dio, che è insostenibile e scriteriata: «Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?» (Mt 20,14-15). Inoltre, questa forma di amore senza confini è suggellata dalla promessa di una memoria eterna: «In verità io vi dico: dovunque sarà annunciato questo Vangelo, nel mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche ciò che ella ha fatto» (Mt 26,13). I gesti dell’amore scrivono nel cuore e nella storia. È proprio a partire da qui che Giuda vive l’urgenza di trovare un nuovo modo per vivere la fede, l’amore verso Dio e verso il prossimo. Ha una fretta nell’anima che cambia il suo vissuto interiore: dal fastidio dell’amore eterno e gratuito, passa alla necessità impellente di cambiare le coordinate dell’agire di Gesù, di interpretare in maniera diversa le parole di Dio.

(Tratto da: Comunità Sorelle del Signore, Presagi di vita, Centro Ambrosiano)

Libro collegato

Comunità Sorelle del Signore
Centro Ambrosiano

Original price was: € 15,00.Current price is: € 14,25.

Una raccolta di meditazioni suggestive che ripercorrono l’ultima settimana della vita di Gesù, dall’ingresso a Gerusalemme fino al mattino di Pasqua, l’ottavo giorno, il giorno del compimento. Riflessioni che ne indagano il cuore per riscoprire l’essenza della nostra esistenza di donne e uomini di fede, per ritrovare presagi di vita, segni di risurrezione nel nostro cammino, anche quando sembra prevalere il disorientamento, anche quando è necessario attraversare l’esperienza della passione. Per lasciarci afferrare dallo sgomento della tristezza e dall’ombra del dubbio, ma anche conquistare da quell’amore totale che, più forte della morte, solo può rimettere in strada i nostri passi dispersi. «Perché al di là di ciò che siamo e di ciò che sembriamo, di ciò che pensiamo e di ciò a cui crediamo, al di là dei nostri dubbi e delle nostre insicurezze, il Signore “ha bisogno” anche di noi. Ogni anima può sostare sotto la croce d’amore e ricevere lo Spirito che illumina di significato il deserto.»
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