Un giorno difficile da decifrare, forse il giorno più difficile dell’anno liturgico, perché ci mancano le parole per descriverlo. È giorno di silenzio e di attesa. Giorno sospeso tra il cielo e la terra, nel quale anche i sentimenti non sanno da che parte stare, dove guardare. Pensiamo ai discepoli in quel primo sabato santo, anche loro dovettero affrontare un lungo, interminabile tempo sospeso. Chiusi in casa perché era sabato, chiusi in casa per paura dei giudei e dei romani, attendevano un’alba nuova… avevano la promessa di Gesù che sarebbe tornato, ma non avevano compreso e forse non avevano neppure creduto del tutto, fino in fondo. Tempo della paura e tempo del dubbio. E ci vorrà l’audacia di una donna, di un gruppetto di donne, per spezzare quel triste incantesimo di paura. E non perché hanno compreso più degli altri, e neppure per la certezza di fede che si fonda sulla memoria delle parole di Gesù. Semplicemente perché l’amore può tutto. Soltanto l’amore può riempire il vuoto e l’abisso silenzioso del sabato santo. Un amore gratuito, povero, silenzioso, affidato. Questo tempo della storia che ci è chiesto di abitare assomiglia a un lungo sabato santo. Tempo che ci coglie di sorpresa, impreparati, disorientati.
Nel profondo di noi stessi sappiamo che non durerà all’infinito, che ci sarà un domani di normalità, che la sofferenza e il dolore non sono e non saranno mai l’ultima parola. Gesù lo ha promesso. Ma Gesù oggi tace. E anche il Padre tace. Anche i Vangeli non sanno cosa dire e la liturgia rimane sospesa: non c’è più una croce da contemplare e neppure un sepolcro da visitare.
È il giorno della fede nuda, senza orpelli, senza sollievo: oggi il nostro cuore è l’unico luogo che può farsi tabernacolo della presenza dello Spirito, che aleggia su ogni nostro sabato santo come al principio della creazione aleggiava sulle acque e sulle tenebre che ricoprivano l’abisso. Oggi possiamo cantare con il cuore pieno di commozione: Signore, tu mi scruti e mi conosci… nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno.
… e il sabato risplendeva. Un giorno necessario per abitare il tempo
«Oggi sulla terra c’è grande silenzio: profondo silenzio e profonda solitudine.» Così recita un’antica omelia patristica a proposito del sabato santo. Così ci introduciamo a questo giorno sospeso, enigmatico, che vorremmo passasse il più velocemente possibile. Tempo che non riusciamo a classificare, nel quale anche il silenzio della liturgia amplifica il nostro disorientamento, insieme al sentimento di essere soli,
abbandonati. Eppure è un giorno necessario, capace di spogliarci di tutto ciò che è superfluo per abitare fino all’estremo (cfr. Gv 13,1) il mistero dell’amore di Dio, che passa attraverso il dramma della passione per preparare i nostri occhi alla contemplazione della luce del Risorto. In questa prospettiva, il sabato santo si propone alla nostra meditazione non semplicemente come un tempo vuoto e di nonsenso, ma come una luce che brilla nell’oscurità liberandoci da ogni ripiegamento vittimistico: «Era il giorno della Parasceve e il sabato risplendeva» (Lc 23,54). Risplendeva perché al calare della notte si accendevano le
luci, che durante il sabato non dovevano più essere spente; risplendeva perché era un sabato diverso da tutti gli altri, il sabato in cui era giunto il tempo di una luce nuova, capace di sfidare ogni oscurità.
Dei giorni del Triduo, probabilmente il sabato è quello sul quale siamo meno propensi e meno aiutati a riflettere e meditare, eppure è quello che più assomiglia alla nostra quotidiana condizione di vita e, di conseguenza, è quello che può aiutarci meglio a fare sintesi dei sentimenti e dei pensieri, a trovare la giusta direzione per proseguire il cammino. Il sabato risplendeva perché dal pomeriggio della crocifissione, quando si era fatto buio su tutta la terra, anche l’intelligenza della fede e il dinamismo della speranza avevano bisogno di una luce, una piccola luce, per non perdersi nello scoraggiamento. Torniamo dunque a rivivere il sabato della passione di Gesù per imparare a riconoscere ogni nostro sabato e per
attraversare nella fede il grande sabato della storia in cui siamo immersi.
(Tratto da: Comunità Sorelle del Signore, Presagi di vita, Centro Ambrosiano)